Dal 30 marzo 2020 in Libreria e on line il nuovo romanzo dell’autrice piemontese, ispirato alla vicenda di Ciro Converti e Vincenzo Imparato
«Se vi piace fare a botte, non leggete questo libro. Parla di due uomini che sono saliti sul ring per migliorare se stessi, non per picchiare qualcuno».
Questo l’incipit di “Il Maestro e il Campione”, ultima fatica letteraria di Luisa Mandrino pubblicata da Blonk per la collana Storie Contemporanee curata da Luca Rinaldi. Una storia di boxe che mette le radici nella passione e nella poesia della noble art del pugilato.

Luisa Mandrino, affermata scrittrice con alle spalle due casi letterari come “La forza della natura” (2002) e “Vivere come se si fosse eterni” (2013), prende ispirazione dalla vicenda di Ciro Converti (il maestro) e Vincenzo Imparato (il campione) per raccontare la crescita umana dei protagonisti davanti alle gioie e ai dolori del pugilato.
Vincenzo Imparato, pugile in attività dal 1993 al 2009, campione italiano dei pesi medi e supermedi tra i professionisti, all’apice della carriera è suo malgrado protagonista dell’incontro valido per il titolo tricolore in cui perse la vita Fabrizio De Chiara nel novembre del 1996. Imparato e De Chiara erano stati compagni in nazionale ed erano veri amici: la tragedia segna la vita dello stesso pugile e del suo maestro, che insieme dovranno ritrovare la luce dopo la terribile notte che cambierà per sempre le regole del pugilato.
Un racconto che Mandrino sviluppa con grande sensibilità, capacità di immedesimazione e abilità narrativa, dopo essersi messa in gioco in prima persona, arrivando a indossare un paio di guantoni nella palestra dello stesso Converti.

«Aveva conservato i guantoni di quella tragica sera. Lo osservava, li interrogava, a volte li scaraventava lontano, ma poi andava a raccoglierli, li riprendeva tra le mani: erano l’ultima cosa che lo legava a Fabrizio. Rappresentavano ciò che era stato prima del suono della campana di quella dodicesima ripresa e quello che era adesso. Come avrebbe voluto tornare indietro e fermare il tempo all’undicesima! Che era stata durissima, ma che rappresentava il confine della sua vita, quando quei guanti erano ancora semplici guanti e nient’altro».